Rifunzionalizzazione dei beni confiscati nell’ambito dei finanziamenti del PNRR

Pioggia di soldi in arrivo destinati alla rifunzionalizzazione dei beni confiscati nell’ambito dei finanziamenti previsti dal PNRR.

Un piano di investimento complessivo di 300 milioni di euro, suddiviso su due linee.

La prima, con una dotazione finanziaria di 250 milioni e regolata da un Avviso pubblico.

La seconda, con una dotazione di 50 milioni, a valere su una procedura concertativo negoziale.

 

I progetti finanziati sono in totale 254 che coinvolgono 166 enti destinatari di beni confiscati finanziati, ubicati in 6 regioni del Sud Italia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

Il numero più ampio di progetti finanziati si registra in Campania, con 75 progetti approvati (72 Avviso e 3 procedura negoziale) per 51 Enti territoriali, con un investimento complessivo pari a oltre 109 milioni di euro (il 36,5% del totale).

 

Un’opportunità per i beni confiscati alla criminalità

Un’ulteriore ed enorme opportunità di riqualificazione dei beni confiscati tenuto conto dell’ingente somma di denaro già stanziata in passato e destinata agli stessi scopi.

Soldi nella stragrande maggioranza dei casi erogati a fondo perduto dal settore pubblico e da fondazioni private.

Risorse di cui però nessuno mai si è preoccupato d’indagare sulla corretta e funzionale ridestinazione d’uso.

 

Il ritorno dell’investimento

E, soprattutto, non è stata mai valutata la restituzione sociale (ritorno dell’investimento) sotto forma di aumenti dei livelli occupazionali degli enti gestori e di crescita civica ed economica dei territori dove insistono questi beni. Restituzione che, dal mio punto di vista, fatti salvi alcuni casi di eccellenza, è quasi inesistente.

Questo è dovuto ad alcuni motivi di fondo:

  • L’istruttoria dei progetti di riqualificazione e ridestinazione d’uso dei beni confiscati è molto blanda. Troppo spesso la progettualità non è conseguenza di adeguate indagini preventive di mercato ma di strampalate idee non confutate da nessun criterio tecnico e scientifico.
  • La miopia dei funzionari degli enti eroganti che ritengono raggiunto l’obiettivo all’atto dell’erogazione dei fondi non comprendendo che, l’elargizione di soldi, è solo una modalità operativa. Mentre l’output dovrebbe essere il ritorno dell’investimento sociale sotto forma di aumenti dei livelli occupazionali degli enti gestori e di crescita civica ed economica dei territori dove insistono questi beni.
  • La scarsa cultura d’impresa che imperversa in lungo e largo nel nostro paese impedisce ai più di comprendere che, i beni confiscati sono solo strumenti operativi. Mentre quello che fa la differenza in positivo, è la capacità manageriale ed imprenditoriale di saper fare impresa sugli stessi.
  • Un orientamento generale tendente più ad “aiutare” (agevolazioni fiscali e finanziarie) che ad “accompagnare” (tutoraggio e formazione diretta) le imprese sociali gestori dei beni confiscati nei loro percorsi di sviluppo.

Osservazioni frutto di oltre un ventennio di esercizio operativo come manager della complessità nell’ambito del mondo profit, non profit e pubblica amministrazione www.francocioffi.it.

Consulenza aziendale a gestori di beni confiscati

Sono infatti 12 i beni confiscati che ho seguito in tutto il sud Italia come temporary manager e consulente aziendale.

Esperienze professionali che ho raccontato nel mio recente libro dal titolo Scuola d’impresa diffusa.

Questo ha significato per me acquisire una notevole conoscenza del terzo settore, ma anche iniettare cultura d’impresa all’interno di organizzazioni storicamente e per loro stessa natura refrattarie a tali sollecitazioni con risultati mediamente straordinari.

Ricordo che, in occasione della presentazione del “pacco” alla camorra nel dicembre 2015, il dottor Federico Cafiero de Raho, all’epoca Procuratore Capo di Reggio Calabria, fece delle affermazioni molto illuminanti.

Se, chi deputato, egli affermò, con palese riferimento alla classe politica, non è in grado di riempire gli spazi lasciati vuoti dalle operazioni congiunte di polizia e magistratura con politiche di “riempimento alternative”.

Azioni che ingenerino nella gente l’idea della non convenienza ad esercitare pratiche criminali, diventa tutto inutile e frustrante.

 

Una questione di responsabilità sociale

Così come va segnalato quanto scritto da Francesco Forgione nel suo libro dal titolo I tragediatori, dove tratta il delicato tema dell’antimafia e dei suoi miti anche alla luce di quanto emerso dalle recenti indagini della magistratura soprattutto in Sicilia.

In sintesi, egli sostiene che l’antimafia non è fatta di miti (peraltro facilmente sgretolabili con pesanti ripercussioni in termini di disillusione sulla gente), ma di fatti e comportamenti quotidiani.

Autorevoli punti di vista entrambi condivisibili che ci dovrebbero riportare alla piena e consapevole responsabilità sociale per una corretta gestione e ridestinazione d’uso dei beni confiscati.

 

Franco Cioffi

Temporary Manager Consulente aziendale