Voglio parlarvi di cosa intendo per “Governare i processi”.
Il mio approccio alla professione negli anni è profondamente cambiato grazie alle diverse esperienze maturate che hanno contribuito all’evoluzione del pensiero teorico e ottimizzato la capacità di governare i processi.
Trasferire esperienze
A seguito di questo è maturata una consapevolezza: è possibile governare i processi, dirigere e gestire aziende soltanto a condizione che, chi le governa, oltre a possedere un ampio spettro di competenze e un significativo bagaglio di esperienze, sia in grado di trasferirle ai contesti di riferimento.
Quest’affermazione può apparire una forzatura (se non addirittura una banalità) ma, in realtà, certifica una verità: possedere competenze tecniche e un bagaglio di esperienze e non saperle “iniettare” all’interno di qualsiasi organizzazione significa di fatto non saper governare i processi.
Saper dirigere significa soprattutto valorizzare e trasformare le risorse date in vantaggi competitivi.
La gestione delle risorse umane
Se partiamo dagli assioma più volte richiamati e cioè che le aziende si reggono su abilità tecnico manageriali ma, soprattutto, sulla qualità del capitale umano a disposizione, si comprende fino in fondo che cosa s’intende per approccio multidisciplinare: ricercare, selezionare e, soprattutto, gestire risorse umane richiede competenze anche in discipline sociali umanistiche come, ad esempio, la psicologia e sociologia.
Il capitale umano
“Lavorare” sul capitale umano comporta rilevare ed analizzare i limiti soggettivi ed oggettivi, stimare il fabbisogno formativo e, di conseguenza, predisporre azioni correttive individuali e di gruppo.
Quanto più si è orientati ai dettagli tanto maggiori sono le possibilità di ottenere buoni risultati.
Essere un buon dirigente per saper governare i processi
Tuttavia è evidente che, per imparare governare i processi e diventare un buon dirigente, oltre ad avere una particolare predisposizione al ruolo, bisogna lavorare molto su sé stessi.
Questo significa fare un grosso lavoro di introspezione, rilevare ed analizzare i limiti personali e tendere a migliorarsi costantemente (autosovversione) con un approccio da “mano che nasconde” cioè con un approccio umile e senza pregiudizi di sorta
Trasferire una mentalità presuppone averla e dimostrarla.
Diversamente, si corre il rischio di non essere credibili per incoerenza.
Il manager del cambiamento
Il manager del cambiamento deve essere consapevole che è continuamente osservato e deve regolarsi di conseguenza: agire con personalità e far leva sulla dissonanza cognitiva.
Rompere gli schemi mentali delle persone deve diventare una priorità e, per far questo, spesso bisogna ricorrere (provocandoli) a meccanismi d’inciampo o, sfruttare, episodi fortuiti.
Laddove non è possibile arrivarci per vie dirette bisogna provarci, quindi, per vie indirette.
Come si amministra un’azienda? Leggi il mio articolo!