Next generation EU per la ripresa economica in europa

Voglio parlarvi del il Next generation EU. 

Il Next generation EU è il nuovo finanziamento per far ripartire l’Europa dopo la pandemia da Coronavirus, approvato dall’UE lo scorso luglio.

Si tratta di un fondo speciale volto a finanziare la ripresa economica del vecchio continente nel triennio 2021-2023 con titoli di Stato europei (Recovery bond). Fondi che serviranno a sostenere progetti di riforma strutturali previsti dai Piani nazionali di riforme di ogni Paese: i Recovery Plan. 

Lo stanziamento complessivo del il Next generation EU è di 750 miliardi di euro, da dividere tra i diversi Stati. 

Il Recovery Plan italiano

Il Recovery Plan italiano (PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) si sviluppa in 6 missioni:

  1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e la Pubblica Amministrazione, l’istruzione, la Sanità e il Fisco;
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. Infrastrutture, per la mobilità e le telecomunicazioni, con la realizzazione di una Rete nazionale in fibra ottica, lo sviluppo delle reti 5G e l’Alta Velocità;
  4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  5. Equità sociale, di genere e territoriale, con focus sulle politiche attive del lavoro e sul piano per il Sud;
  6. Salute.

Gli investimenti complessivi sono pari a 248 miliardi. La dote europea per l’Italia è di 191,5 miliardi (ovvero 122,6 miliardi di prestiti e 68,9 miliardi a fondo perduto). 

Un’enorme mole di soldi senza precedenti che, al di là dei risultati promessi ed attesi, andrà ulteriormente ad indebitare il nostro paese. Un paese che non brilla di certo per la gestione e l’efficacia della spesa pubblica.

Questione cruciale che da tempo rappresenta il punto debole dell’economia Italiana. Un punto dolente al pari dell’evasione fiscale e del lavoro sommerso. Tale da minare la credibilità del Paese. Non solo agli occhi dei partners europei ma di tutto il mondo.

Ecco perché sul tema della spesa pubblica e del conseguente indebitamento credo sia utile fare un minimo di chiarezza.

La spesa pubblica

La spesa pubblica si compone (al netto degli interessi da pagare sui titoli emessi per finanziarla) di:

  1. acquisti di beni e servizi (compresi gli investimenti pubblici);
  2. stipendi per i dipendenti;
  3. trasferimenti che lo Stato fa a famiglie, imprese e all’estero.

Un’azione di revisione della spesa volta a ridurre (o ad aumentare) la spesa pubblica deve essere ancorata a principi generali sulla gestione della stessa.

Tali principi generali devono riflettere una consapevole decisione politica sostenuta dall’opinione pubblica e da un corrispondente mandato elettorale.

Questo significa che, la revisione della spesa, deve avvenire all’interno di un chiaro quadro di finanza pubblica. Ovvero un piano che ne definisca gli obiettivi quantitativi e qualitativi su base pluriennale.

Occorre definire a livello politico il livello di spesa pubblica adeguato e sopportabile dall’economia di un paese.

Valutazione che va fatta sulla base degli obiettivi complessivi di deficit pubblico. Cioè di quanto il Paese può permettersi di prendere a prestito) e su quale debba essere la pressione fiscale.

Considerazioni su Next generation EU

Quindi la decisione di quanto investire (o risparmiare) sulla spesa pubblica non può essere ridotta ad una mera valutazione tecnica. Ed anche (se non soprattutto) ad una valutazione politica dal momento che, le decisioni sulla spesa e sulla tassazione, influenzano il livello del reddito e la sua distribuzione.

Una volta definiti gli obiettivi di risparmio a livello di scelta politica e di quadro macro fiscale aggregato, l’azione di revisione della spesa si può esercitare ad un livello più specifico.

Alcuni paesi come ad esempio il Regno Unito hanno introdotto da anni pratiche di performance budgeting. Queste pratiche richiedono, nella preparazione e nella esecuzione di un bilancio di un ente pubblico a qualsiasi livello territoriale, la suddivisione della spesa in diversi programmi pluriennali.

A ognuno dei quali vengono assegnati risorse e indicatori di risultato.

Periodicamente l’efficacia di questi programmi viene valutata attraverso un’azione di spending review.

Questa azione è volta a valutare se gli obiettivi fissati inizialmente siano stati raggiunti sulla base degli indicatori fissati, a decidere se le risorse siano state adeguate o eccessive. Ma anche eventualmente, a valutare se il programma di spesa in questione debba essere cancellato.

Questo processo però può funzionare bene solo se i programmi di spesa e i relativi indicatori sono stati definiti in modo appropriato. Ossia con sufficiente chiarezza e rilevanza.

Tutto questo richiede, però una classe dirigente politica illuminata, competente ed orientata al bene comune. Ma anche una pubblica amministrazione predisposta, a livello non solo dirigenziale ma anche operativo, verso un’azione volta a produrre risultati. Quindi non solo a rispettare formalmente le regole.

Condizioni, nonostante gli forzi profusi negli anni, che non sono ancora presenti in Italia per i motivi che ho descritto nel mio libro dal titolo Scuola d’impresa diffusa, di recente pubblicazione.