Il capitale umano. Ricerca, selezione e formazione.

 

Voglio parlarvi del capitale umano nelle aziende.

Alla domanda ricorrente di quale sia l’aspetto più rilevante del mio lavoro di temporary manager/consulente aziendale rimarco sempre l’importanza strategica delle risorse umane nelle aziende e, di quanto sia importante, saperle ricercare, selezionare e, soprattutto, gestire.

 

Il profilo del candidato

Nel caso, va preliminarmente individuata e definita nei dettagli la lacuna professionale da colmare nell’organizzazione aziendale.

A seguire va profilato il potenziale candidato, tenendo conto di una serie di variabili come, ad esempio:

  • percorso di studi;
  • esperienze professionali;
  • aspetti caratteriali;
  • attitudini personali;
  • agevolazioni per le assunzioni;
  • età;
  • distanza tra luogo di residenza e sede della azienda ecc.;
  • modalità di locomozione;
  • hobby ecc.

Variabili a cui viene assegnato un “peso” che varia in funzione delle esigenze aziendali e della “visione” dei selezionatori.

Per quanto mi riguarda, do molta importanza agli aspetti caratteriali e attitudinali.

Questo perché, a differenza ad esempio delle carenze culturali e formative che sono eventualmente colmabili con azioni mirate, li ritengo elementi dati e difficilmente modificabili.

 

La ricerca

Sulla base del profilo emerso si costruisce il testo dell’annuncio da utilizzare per la ricerca.

L’avvento del marketing digitale e dei social media, rispetto al passato, ha abbattuto notevolmente i costi della ricerca e moltiplicato all’ennesima potenza i possibili canali di diffusione dell’annuncio.

Chiusa la campagna di adesione all’offerta di lavoro, si procede ad una prima “scrematura” dei curricula ricevuti, verificando la corrispondenza di massima tra le caratteristiche dichiarate dai candidati e quelle del profilo costruito.

 

Convocazione

A questo punto si provvede a stilare il calendario dei colloqui e a convocare i candidati.

Si entra quindi nella fase più delicata della selezione, dove le tecniche, le modalità e gli strumenti utilizzati differiscono a seconda delle scuole di pensiero di appartenenza dei selezionatori.

Per quanto mi riguarda, preferisco non avvalermi di strumenti tecnici applicativi come ad esempio la somministrazione di questionari che reputo “freddi” e poco funzionali.

Preferisco fare colloqui orali affidandomi alle sensibilità personali e alle esperienze maturate in oltre vent’anni di attività.

Prima di arrivare alla decisione definitiva incontro una rosa ristretta di candidati almeno tre volte, per limitare al massimo le probabilità di errore che, in questa fase, sono molto alte.

Durante i colloqui, utilizzo tecniche di psicologia applicata, per far emergere pregi e limiti dei candidati, al fine di poterne valutare le potenzialità di crescita e le probabilità di riuscita dell’inserimento lavorativo.

 

La partecipazione dell’azienda nella selezione del capitale umano

Laddove necessita, ed è possibile, mi lascio affiancare, nella fase avanzata della selezione, da personale interno alle aziende, per ottenere, da un’angolazione diversa, un parere, seppur non vincolante, sugli aspetti caratteriali ed empatici dei candidati.

Questa è una cosa molto importante, perché qualsiasi contesto lavorativo vive di equilibri, regole e procedure consolidate, che sono il riflesso dello stile di direzione adottato dal responsabile delle risorse umane.

Sbagliare un inserimento lavorativo può significare anche mettere a repentaglio gli equilibri interni delle organizzazioni.

Si rischia di minare la serenità degli ambienti lavorativi che è di fondamentale importanza per le performance aziendali.

Effettuata la selezione si procede alla fase dell’inserimento e quindi della gestione, che è un processo straordinariamente importante, il cui esito dipende molto dallo stile di direzione adottato.

Stile di leadership che vede in quello coercitivo e democratico partecipativo i due limiti estremi tra quelli potenzialmente applicabili.

Il valore inestimabile del capitale umano

Il capitale umano di ogni azienda rappresenta un valore inestimabile del patrimonio netto e, come tale, va tutelato e migliorato.

Quando parlo di capitale umano intendo riferirmi soprattutto ad aspetti immateriali come intelligenze, sensibilità, mentalità, abilità, flessibilità, eticità, cultura generale, conoscenze tecniche, esperienze ecc.

Elementi imprescindibili per qualsiasi organizzazione aziendale che intende competere nel mercato globale.

In precedenza ho rimarcato come sia importante nelle fasi della ricerca e selezione individuare le potenzialità dei candidati, salvo poi eventualmente migliorarle e rifinirle con la formazione continua sul campo.

Processo che richiede, da parte del manager che lo governa, un livello professionale e di conoscenze multidisciplinari elevatissimo.

Qualità che non ho quasi mai riscontrato nelle piccole e medie imprese che rappresentano l’asse portante dell’economia reale del nostro paese.

Manager difficili da reperire sul mercato, perché non è rilevato il bisogno e, di conseguenza, mancano anche le matrici formative.

 

Un modello formativo inadeguato

In Italia esiste un grande paradosso.

A fronte della realtà di cui sopra, nelle facoltà universitarie economiche si continua ancora a formare gli studenti facendo riferimento esclusivamente ai modelli organizzativi e manageriali delle grandi aziende che hanno bisogni e manifestano esigenze completamente diverse dalle piccole e medie imprese.

Realtà per le quali, invece, la flessibilità organizzativa rappresenta un elemento imprescindibile per poter competere sul mercato.

 

Un capitale che va tutelato

Il ritorno dell’investimento nel capitale umano aziendale, se correttamente gestito, è elevatissimo.

Il suo valore in termini di know how acquisito nel tempo  crea altissime barriere all’ingresso dei mercati di riferimento per i nuovi competitors.

Come tutti i capitali anche quello umano va tutelato e “assicurato” per prevenire possibili fuoriuscite indotte da aziende concorrenti.

 

Le “polizze assicurative” per la fidelizzazione del personale

Per fare questo una delle “polizze assicurative” possibili è sicuramente quella della fidelizzazione che è un processo da gestire facendo leva:

  • sullo stile di direzione partecipativo teso a creare centri di responsabilità;
  • sul benessere organizzativo interno;
  • sulla meritocrazia;
  • sulla retribuzione globale che spazia dalla parte economica a quella legata ad aspetti immateriali come quelli motivazionali, dall’architettura degli ambienti di lavoro al layout degli stessi ecc.

 

 

Leggi anche il mio articolo “Come motivare il personale”.