Dissesto idrogeologico e Pnrr
L’Italia si trova ad affrontare una nuova emergenza a causa del dissesto idrogeologico.
Ma, definire “emergenza”, ciò che accade ripetutamente, è palesemente errato.
Il Pnrr prevede la realizzazione di interventi di messa in sicurezza del territorio ma, è evidente che, dal piano alla realizzazione, non tutto sta procedendo per il meglio.
Si riscontra un notevole ed effettivo ritardo nella realizzazione di questi interventi previsti dal Pnrr.
Riforme per il contrasto al dissesto idrogeologico
La lotta al dissesto idrogeologico è affrontata nel piano alla voce “riforme”.
Entro il giugno 2022 il governo avrebbe dovuto semplificare e rendere più agevoli le procedure per attuare gli interventi contro il dissesto. Il ministero della Transizione ecologica, nella propria relazione sull’attuazione del Pnrr al 30 giugno 2022, ha dichiarato che tale obiettivo è stato raggiunto.
Gli investimenti
Quanto agli interventi operativi, il Pnrr prevede investimenti per 2,49 miliardi volti a garantire la sicurezza di un milione e mezzo di persone.
La somma preventivata è certamente inferiore rispetto al fabbisogno espresso dalle regioni. Questo dato emerge da un rapporto della Corte dei conti.
1.287 milioni sono destinati a interventi strutturali e non, effettuati entro la fine del 2021 nei territori più a rischio, e la loro gestione fa capo al ministero dell’Ambiente.
I restanti 1,2 miliardi, la cui gestione compete alla Protezione Civile, sono destinati alle zone colpite da calamità naturali. Questa cifra dovrà essere utilizzata per ricostituire le infrastrutture danneggiate e ridurre il rischio residuo.
La somma è stata indirizzata, per un terzo, verso progetti già avviati al 31 dicembre 2021.
Invece, 800 milioni sono stati destinati a nuovi progetti volti alla riduzione del rischio di alluvione e idrogeologico, che andranno completati entro il 31 dicembre 2025.
E’ evidente che è già tardi. A dimostrarlo è il disastro di questi giorni in Emilia Romagna e territori vicini colpiti dall’alluvione.
Qual è il problema?
A mio parere, anche in questo caso, un’amministrazione pubblica inefficiente e inidonea a gestire progetti così complessi.
Inoltre la gestione dei fondi del Pnrr è nelle mani di una classe dirigente politica miope, poco qualificata che dimostra quotidianamente avidità e nessun reale interesse a migliorare la vita pubblica di comunità.
Un piano di sviluppo discriminante
Date la difficoltà di gestione e dei requisiti necessari per presentare i progetti del Pnrr, sono stati finanziati solo i progetti presentati dai comuni più virtuosi così come rilevato dalla Svimez nel rapporto 2022 sull’economia del Mezzogiorno.
Questo, evidentemente, ha orientato l’utilizzo dei fondi secondi criteri di convenienza ed opportunismo politico piuttosto che di priorità e necessità reale.
Un esempio di quello che potrebbe accadere con l’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario.
Un meccanismo contorto e diabolico che, se approvato, accentuerebbe ancora di più il divario civico ed economico tra le regioni del Nord e quelle del Sud.